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"Tralasciando l'annosa questione del canone e le inutili discussioni sullo stato di salute della poesia, che viene talvolta descritta dagli stessi "addetti ai lavori" come un malato terminale in attesa di un insperato miracolo, credo che occorra innanzitutto tornare a interrogarsi sul senso e sul valore del fare poesia oggi. E questo un compito che riguarda non solo i critici, ma tutti coloro che in qualche modo si affidano alla parola, i poeti in primis e anche i semplici lettori. Se è vero quel che ha scritto Hölderlin, il quale aveva osservato in relazione alla crisi del moderno "Ciò che resta lo fondano i poeti", cosa significa oggi, nell'era del postmoderno questa dichiarazione? Qual è il compito che possiamo attribuire alla parola poetica? Quello di custodire, dare rilievo e credito al reale? Quello di rappresentare il sacro o solo di delimitarne lo spazio? Che relazione intercorre fra la parola poetica e il mistero? Quale viaggio si intende intraprendere attraverso di essa? Sono solo alcune delle domande a cui è necessario dare una risposta, consapevoli che il problema non è solo di ordine retorico, politico e sociale, ma anche ontologico e metafisico." (dall'introduzione di Elisabetta Motta)